martedì 22 dicembre 2009

Eugenio Tornaghi, Il debito dell'ingegnere


Chi è l'ingegnere? E perché sulla copertina del nuovo giallo di Eugenio Tornaghi, Il debito dell'ingegnere (Todaro, 285 pagg., 16 euro) c'è una foto con quella frase - "E' finita!" - che tanti hanno scritto alla fine dell'anno di leva obbligatoria? Passano oltre dieci anni tra prologo e storia, tra l'estate del '94, quando Giorgio Crespi su suicida in caserma, e l'inverno del 2005, quando l'ingegner Antonio Cavenago si rende conto di essere in debito con qualcuno. Debito morale e di giustizia, nato da un errore di prospettiva, dalla mancanza di esperienza per le cose della vita, da l'indagine sulla quella morte che gli era stata affidata e credeva di aver portato avanti con lucidità. Impiega oltre dieci anni a capire che è tutto da rifare, e che non è troppo tardi.

Riparto dall'inizio: chi è l’ingegnere?
L'idea era di fare un romanzo giallo che fosse anche un romanzo di apprendimento. Volevo un protagonista che avesse rinunciato ai sentimenti, alle sensazioni, alla parte animale del suo io, per infilarlo in situazioni in cui la logica cartesiana è meno utile dell'istinto e costringerlo quindi a imparare il linguaggio dei rapporti umani. Da qui l'idea che fosse ingegnere, anzi, l'archetipo dell'ingegnere, uno che più che vivere, funziona.

Nel romanzo c’è il tema della leva obbligatoria, e della sua valenza nel percorso di crescita di un ragazzo. Cosa te lo fa ritenere un momento così importante?
La leva obbligatoria era un'esperienza unica. Costringeva ragazzi di tutti i ceti sociali e di tutte le regioni a convivere. Per quanto assurdo possa sembrare, era proprio la costrizione, l'obbligatorietà, a rendere la leva uno strumento di democrazia. Ragazzi che per censo, carattere o cultura, non avrebbero mai scelto di confrontarsi con ragazzi "diversi" da loro, erano costretti a farlo in ossequio a un obbligo costituzionale. C'era poi un altro aspetto importante, ovvero il fatto che le caserme fossero "aperte". I militari di carriera, ufficiali e sottufficiali, erano costretti a convivere con la cosiddetta società civile: i ragazzi che svolgevano il servizio, ma anche i loro familiari. La mentalità militare si stemperava nel confronto. Tutto questo oggi non c'è più, e credo valga almeno la pena di rifletterci sopra.

Tornerai a scrivere di delitti che nascono davanti o dietro gli sportelli bancari come in Una spiegazione logica, il tuo precedente romanzo?
Penso proprio di sì. Credo che la banca sia un ambiente perfetto e non ancora abusato, per il giallo, ma soprattutto ritengo sia un mondo universale che ancora deve essere spiegato. Per universale intendo che tutti, ma proprio tutti, hanno a che fare con una banca che è spesso determinante nelle loro vite: con un mutuo concesso, o negato, o magari con un investimento sbagliato. Credo possa essere interessante spiegare cosa c'è "dietro lo sportello", e ritengo che attraverso il meccanismo del giallo si possa farlo senza fare sbadigliare il lettore. In Una spiegazione logica, ho descritto come funziona l'usura. Probabilmente gli stessi contenuti si trovano in qualche interrogazione parlamentare, ma il mio romanzo, in più, fa ridere!


2 commenti:

Marfisiquotidiani ha detto...

Lo sto leggendo ora e scriverò la recensione a breve.

Anonimo ha detto...

Eccellente, indimenticabile,da "divorare" in due bocconi. La lettura, estremamente avvincente e fluida, ti trascina tra le rapide della trama dove ti consente sì qualche respiro, ma solo per gettarti in nuovi corsi, fino all'ultimo rigo! Bravo, Tornaghi!