martedì 23 settembre 2008

Passione

Jasper Fforde, Kjell Ola Dahl, Tullio Avoledo, Margherita Oggero, Alessandro Perissinotto, Marco Vichi, Elisabetta Bucciarelli, Piero Colaprico, Patrick Fogli, Valerio Varesi, Angelo Petrella, L.R.Carrino, Andrea Fazioli, Bruno Morchio, Giampaolo Simi, Andrea Vitali e i Sulutumana, Fabrizio Canciani, Gianni Biondillo, Leonardo Gori, Cosimo Argentina, Maurizio Matrone, Sergio "Alan D."Altieri... Sono quasi ottanta e dal 28 settembre sono tutti qui, a La passione per il delitto di Monticello Brianza. Poi artisti, aperitivi, brunch, un corso per imparare a scrivere un romanzo e altre cosette...
Anche quest'anno mi divertirò.

giovedì 18 settembre 2008

Fogli, Fragile

La musica segna il ritmo, accompagna lungo le pagine che scorrono veloci, decide il titolo di questo lungo racconto di Patrick Fogli, prequel del ben più corposo Lentamente prima di morire (Piemme). In Fragile (Perdisa editore, 114 pagg. 9 euro) c'è un uomo che uccide le donne, inconsapevolmente unite tra di loro dalla canzone di Sting. Un verso dopo l'altro, le note che suonano accanto ai corpi. E c'è un commissario che lo cerca, esponendosi a più rischi di quanti dovrebbe. Un storia di serial killer, se raccontata così. Che fa la differenza è però la scrittura, la capacità di descrivere un'ossessione, il crescere di una violenza le cui motivazioni non rientrano in una logica comune. La piacevolezza del leggere. Sullo sfondo Bologna, e naturalmente le note della canzone. Si legge in fretta questo Fragile, ed è un libro che lascia qualcosa.

L'ho scelta in questa versione.

martedì 16 settembre 2008

Barbara Nahmad, Canto General

Un'altra artista che mi piace, riscoperta recentemente dopo anni di silenzio. Nell'ultima edizione di "Allarmi", collettiva di giovani artisti che da alcuni anni, ogni primavera, occupa la sede dell'ex distretto militare di Como, la sua opera era la più suggestiva. Barbara Nahmad ha utilizzato un'intera stanza per sintetizzare i simboli della protesta di piazza, che ha preso forma negli anni Settanta ed ha invaso il mondo e le epoche successive. Una quarantina di pannelli con foto di scontri, di grida, di pestaggi recuperate dalle riviste dell'epoca. A terra, quasi abbandonate, una manciata di bombe molotov e una tanica di benzina. Linguaggio puro ed essenziale, il cuore di un concetto che ha scritto la storia. Ora, nei suoi nuovi lavori, torna sul legame tra passato e presente, ma questa volta attraverso i ritratti di uomini e donne che hanno plasmato momenti cruciali del nostro vivere, scritto pagine capaci di segnare la nostra epoca. Volti che smettono di essere simboli o icone, e che diventano persone.

Ecco la musica: ritmo, voce suadente e un po' di emozione.


venerdì 12 settembre 2008

Nomadi contemporanei

Il concetto di casa come rifugio e come estensione del nostro corpo: tema su cui riflettere quando si ragiona sugli spazi del vivere, ma anche della costruzione di sé. "Casa" è un concetto facile: è il luogo del ritorno, della certezza, dei valori, è la scatola che contiene i punti di riferimento della propria vita, gli affetti e i simboli di ciò che si è costruito strada facendo. Sta tutto lì dentro. Fisicamente, l'abitazione è un luogo che abitualmente viene concepito come qualcosa di ancorato al suolo, ma che facilmente può diventare precario, come una tenda in un campeggio. Uno spazio che, in qualunque sua forma, prende vita con chi ci abita, e diventa un modello (anzi, un concetto) non solo flessibile, ma la sintesi di due estremi: costruzione e distruzione. Possesso e perdita. Per ribaltare la prospettiva, basta mettersi nei panni dei cittadini del mondo, dei nomadi e di chi è in fuga, di chi ha l'esigenza di un rifugio anche provvisorio. Così, in questa doppia prospettiva, la casa-tenda stravolge il suo significato, passando da luogo di vacanza, di libertà e di divertimento, di trasferimento momentaneo delle proprie abitudini, al luogo della perdita di tutto, della provvisorietà, dello sradicamento. Qualcosa che basti solo a proteggere, riparare dalle intemperie, circoscrivere l'intimità degli affetti in uno spazio definito.
Questo luogo di transito, che parte dai minimi termini concettuali e dai bisogni essenziali, è diventato il modello di ricerca per un'esigenza contemporanea di casa alternativa. Il progetto "Seek Refuge" è ideato dagli artisti Filippo Borella ed Enrico Cazzaniga, e si collega a una mostra-evento curata da Marta Casati e Riccardo Lisi. In questa continua riflessione sui luoghi e sui modi del vivere, il risultato va al di là del concetto di mostra d'arte, e diventa "un'esperienza di aggregazione basata sulla convivenza, con pratiche artistiche all'interno di un luogo particolarissimo: un campeggio, la tappa tipica di moderni nomadi". La realizzazione concreta di tutto questo è da oggi protagonista di un'esposizione alla Biennale di Architettura di Venezia, dove rimarrà fino al 2 novembre. All’interno del camping Venezia Village sono distribuite le installazioni di una ventina di artisti internazionali e di designer specializzati nell’”architettura d’emergenza”, che hanno pensato, progettato e realizzato questo concetto di casa-rifugio.
Lì c'è il risultato del loro pensiero, il nostro parte da questa riflessione e dalle pareti che ci circondano.

La musica è qui


mercoledì 10 settembre 2008

Un giorno perfetto

Mancano le passioni. Non quelle disegnate dalla trama, ma quelle capaci di raggiungerti e coinvolgerti. Manca il sincronismo magico nell'incrociarsi delle vite dei protagonisti. Manca, in chi guarda, la capacità e la voglia di identificarsi con quei personaggi di un quotidiano mai banale, che avevano reso indimenticabili film come Saturno contro. Nel suo ultimo Un giorno perfetto Ferzan Ozpetek, reduce dal Festival del Cinema di Venezia (qui il trailer), non scende mai di tono, non sbaglia mai un'inquadratura, tiene il ritmo alto fino all'ultimo istante, nonostante una sequenza iniziale che subito svela il finale. Si lascia accompagnare da una colonna sonora come sempre morbida e suggestiva. Eppure ti lascia la sensazione che le tue aspettative siano state un po' deluse. I volti degli attori, di un cast di assoluto livello, fanno fatica a trovare corrispondenza in quello che raccontano le vite dei loro personaggi, soprattutto quando la cinepresa stringe su espressioni che tendono a ripetersi, maschere di sofferenza esistenziale prive di sfumature. In alcuni momenti, purtroppo, la trama inciampa nel banale: come l'onorevole con la moglie troppo giovane e il "signorsì presidente". Le storie scorrono parallele senza contaminarsi, e il tentativo di far loro seguire quelle correnti invisibili che le circondavano e coinvolgevano in un'unica suggestione, uno degli aspetti più belli del raccontare di Ozpetek, in questo film non riesce fino il fondo.


lunedì 8 settembre 2008

Nuovi miti d'oggi

Il blog, naturalmente. Nuova forma di egocentrismo e protagonismo, specchio dell'esigenza di sapere e di mostrare che si sa, che si pensa, che si comunica. Che si fa parte del mondo e che con lui si vuole (e si deve) interagire. Perché nei nuovi miti che governano la nostra esistenza, nei bisogni creati per disegnare status e ruoli destinati a dare riconoscibilità e senso di appartenenza a chi li fa propri, non può mancare il comunicare frenetico, tecnologico, veloce. Reattivo. Le manie hanno i loro simboli, che cambiano e si aggiornano, che segnano epoche e creano confini. Se ne era accorto Roland Barthes già cinquant'anni fa, osservando il consumismo economico e sociale generato dalla Citroen, dalle patatine fritte, da Greta Garbo. Oggi 57 intellettuali francesi in Nuovi miti d'oggi (Isbn edizioni, pagg. 171, 15 euro, a cura di Jérome Garcin, direttore di Le Nouvel Observateur), hanno elencato altrettanti miti che appartengono al nostro quotidiano, che testimoniano il mutamento sociale, i tic linguistici, le nuove forme di snobismo che sotterrano le incertezze. In queste 57 voci c'è il nostro mondo, un elenco al quale non possiamo sfuggire, perché nessuna consapevolezza, ragionevolezza o tentativo di indipendenza intellettuale, ci può allontanare da cellulare e sms, dai giornali gratuiti pescati all'angolo della strada, dalla comodità del wi fi, dal risparmio dei voli low cost, dalla genialità del navigatore satellitare. Tecnologia ma non solo, perché fin qui i peccati sono perdonabili: il mito passa per le esigenze fintamente etiche della Smart (poco spazio per la città) e dei Suv (tanta sicurezza per i nostri bambini). Dal botox e dal "perché io valgo", dall'equo solidale, dagli Ogm e dal fumo che uccide. Dalle 35 ore e dai sondaggi per guardare avanti e capire di quali nuovi bisogni dovremo essere dotati entro i prossimi cinquant'anni. Un elenco di interventi sintetici, acuti, sarcastici e capaci di portare a galla le contraddizioni di questo vivere ordinato, con la sua estetica tirata a lucido e le originalità prevedibili.

Sull'i-pod (altro mito apprezzabile) i Coldplay di questo Viva la vida


venerdì 5 settembre 2008

Giordano, La solitudine dei numeri primi

A dire la verità non avevo molta voglia di leggerlo, come ogni libro di cui si parla troppo e che ti sembra già di conoscere senza averlo nemmeno aperto. Anche la storia, riassunta sulla quarta di copertina, non mi pareva nelle mie corde. Mi ha convinta a dargli un'occhiata una delle mie libraie di fiducia, una di quelle che scelgono ancora di persona i titoli da tenere in negozio, e che ogni mese fanno la classifica dei libri consigliati, che conoscono i tuoi gusti e le tue curiosità.
Così ho deciso di concedere a La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (Mondadori, pagg. 304, 18 euro) il bonus delle prime trenta pagine. Nel giro di un pomeriggio sono arrivata alla fine, letto in un botto. Perché la scrittura è fluidissima, la costruzione narrativa ben articolata e senza nulla di inutile, la storia non è mai patetica, nonostante i due protagonisti ne abbiano tutte le potenzialità. Il libro è bello, non c'è niente da dire. Non solo: nelle ultime dieci righe c'è tutta la potenza delle trecento pagine che le precedono. Un esordiente giovanissimo che alle spalle ha una formazione scientifica e non umanistica, e che affronta la narrativa partendo da questi livelli, effettivamente non è cosa da tutti i giorni. Da questo suo trascorso formativo, Paolo Giordano pesca il concetto che disegna lo scheletro della storia: quello dei "numeri primi gemelli", separati da un solo numero pari, vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Una condizione che ci appartiene così profondamente, da non dover nemmeno essere commentata.

Ancora tempo orrendo, non trovo musica che possa conciliare questa lettura con un'atmosfera così noiosa. Meglio questa considerazione tratta da uno degli ultimi saggi sulla lettura di Alberto Manguel: "Per il lettore ideale è possibile leggere ogni libro, in una certa misura, come la propria autobiografia".



mercoledì 3 settembre 2008

Petrella, La città perfetta

La premessa è questa: non la sopporto, come lei. Quindi oggi non rimane che barricarsi all'asciutto.
Tutto sommato una buona occasione per iniziare La città perfetta di Angelo Petrella (Garzanti, pagg. 500, 17.60 euro), freschissimo di arrivo in libreria. Scrittura durissima e un noir dall'impatto forte, senza regali e senza sconti, un raccontare fluido che fa passare in secondo piano la corposità del libro. Uno stile sperimentato e apprezzato già nei due romanzi precedenti, Cane rabbioso e Nazi paradise (entrambi Meridiano Zero), seppure non così articolati come quest'ultimo. Libri adrenalinici allo stato puro, come pochi altri. La Napoli corale e violenta di un autore che le appartiene profondamente, e che riesce a non essere ripetitivo né banalizzante nonostante il proliferare nelle librerie, in quest'ultimo anno, di scenari partenopei da post-Gomorra.



martedì 2 settembre 2008

Treni

Brutto, sporco, confusionario, dispersivo, affollato. Luogo di lettura, di viaggio, di immagini veloci, di distrazione, di parole parole e parole spese senza sosta. Di salti acrobatici fra conversazioni e argomenti.
Viaggiare in due su un treno d'estate, tra carrozze e scompartimenti, sedili da scrutare ai raggi x prima di decidere di passarci sei ore senza scollarsi. Ottocento chilometri in ventiquattro ore, diciotto ore di conversazione che non si arresta, come un virus o l'aggressione di una scarica elettrica. Frasi rincorse sul fischio di un treno, animali impagliati nelle vetrine di un bar davanti alla stazione, biglietti doppi che doppi non sono. Le porte che si chiudono alle tue spalle e ti sfiorano quasi imprigionandoti, mentre ti butti giù da una carrozza. Capotreni che staccano il tuo il biglietto e per un attimo lasciano scorrere negli occhi qualcosa di quasi sognante, che intuisci ma che non saprai mai. Scariche veloci di adrenalina, di risate, di sorpresa, di assurdo. Il treno può essere anche così. Un luogo. Il contenitore di una parentesi che ti ricorderai a lungo.

L'ultimo mi ha portata - in un'escursione termica sbalzata in poche ore da trenta gradi a otto e poi ancora a trenta - verso Dalla parte del torto, di Elisabetta Bucciarelli, pubblicato da Mursia lo scorso anno. Quattrocento pagine che scorrono in una Milano primaverile dove si uccide e si muore, dove la violenza più cruda e il piacere estetico si fondono. Dove, per qualche pagina, entra in scena uno dei tanti mondi a sé, quello del sesso estremo, protagonista non assoluto della trama, ma sempre capace di strappare le curiosità più profonde di chi ha letto e di chi si prepara leggere. Dove l'ispettore di polizia Maria Dolores Vergani gioca di doppia sponda tra un lavoro di indagine in cui primeggia, e la ricerca di un equilibrio dei sentimenti che è condannata a non trovare, perché così deve essere e perché diversamente non sarebbe credibile.

Le immagini sono tutte qui dentro, nel ritmo in crescendo di Koyaanisqatsi ("vita in tumulto", non a caso), film documentario del 1982 di Godfrey Reggio, costato sei anni di lavoro, e capace di rivoluzionare il concetto di cinematografia con la sua assenza di dialoghi e l'innovazione assoluta dei montaggi video.

La playlist spazia: The Brand New Heavies, per iniziare. Poi i Galliano di Long Time Gone, un doppio Incognito, Everyday e Out of the storm. Infine Nicola Conte.