sabato 15 novembre 2008

Joseph Roth, La tela di ragno

Mi rendo conto che forse è un passaggio un po' lungo per un post, ma penso che questa pagina di Joseph Roth sia uno degli affreschi più belli e corali della letteratura europea. Da leggere con una musica altrettanto avvolgente in sottofondo.
Antonin Dvorak, sinfonia Dal nuovo mondo

"Il mattino si annunciò grigio. Pioveva. Theodor aspettò la sua compagnia alla stazione. Alle otto doveva essere schierata in città. Era domenica. La città sembrava sonnolenta. Pioveva.
Alle nove gli operai manifestarono nel viale Unter den Linden. I gruppi della gioventù nazionalista a Charlottenburg. Tra un posto e l'altro vi erano molte strade, case, poliziotti. Ma la città era in attesa di uno scontro.
Alle nove pioveva ancora. Gli operai avanzavano nella pioggia grigia. Grigi come la pioggia, e come la pioggia senza fine. Venivano da quartieri grigi come la pioggia dal cielo grigio. Erano una pioggia d'autunno. Incessante, inesorabile, sommessa. Diffondevano malinconia. Venivano avanti i fornai coi volti esangui come la pasta del pane, senza muscoli e senza forza; quelli dei torni, dalle mani indurite e dalle spalle sbilenche; i soffiatori del vetro, che non avrebbero oltrepassato i trent'anni per quella polvere preziosa, mortale e scintillante che si ficcava nei loro polmoni. Venivano avanti i fabbricanti di spazzole dalle orbite incavate per la polvere di setole e i peli nei pori della pelle. Venivano avanti giovani operaie segnate dalla fatica, con movimenti svelti e facce consunte. Venivano avanti i falegnami. Sapevano di legno e di trucioli. E i giganteschi imballatori, alti e imponenti come armadi di quercia. Venivano avanti gli operai delle fabbriche di birra, pestando pesanti il terreno come grandi tronchi d'albero che avessero imparato a camminare; venivano avanti gli incisori, la polvere sottile del metallo nelle pieghe dei loro visi; i compositori dei giornali che facevano la notte, che per dieci anni e più non avevano passato nel loro letto una sola notte; hanno occhi arrossati e guance pallide e non conoscono la luce del giorno. Vengono avanti i lastricatori, calpestando la strada che loro stessi hanno costruito, eppure estranei ad essa e storditi dal suo splendore, dalla sua ampiezza, dalla sua signorilità; li seguono motoristi e ferrovieri. Nella loro testa treni neri continuano a correre, segnali a cambiare di colore, locomotive a ululare, campanelle di bronzo a suonare.
(...) Il corteo dei lavoratori canta l'Internazionale. Cantano stonati, con gole riarse. Cantano stonati ma con forza commovente. Canta una forza che piange, una violenza rotta dai singhiozzi. (...) Due forze si stanno affrontando, la massa di coloro che hanno il potere e quella di coloro che non l'hanno, le catene della polizia sono spezzate, la fame avanza contro la sazietà (...)
Ma poi, come quello di una bestia ferita, si alza il lamento di un clacson, e da lontano arriva lo scampanellio disperato dei tram, fischi laceranti, trombe che piangono come bambini. Un cane calpestato ulula con voce umana, divenuto umano nell'ora della sua morte miseranda; c'è uno strepitare di catene e sbarre che chiudono porte, un altro spero echeggia".

Joseph Roth, La tela di ragno (1923). Traduzione di Anna Rosa Azzone Zweifel (in Romanzi brevi, Adelphi, 1983) .


Nessun commento: